mercoledì 29 febbraio 2012

In punta di cingoli

da Pastorale Americana di Philip Roth (1997)


Swimming cake

Esprimere un desiderio può salvare la vita a un nuotatore.


Parole da Pastorale Americana di Philip Roth (1997)


L'importanza di sbagliare

Lotti contro la tua superficialità, la tua faciloneria, per cercare di accostarti alla gente senza aspettative illusorie, senza un carico eccessivo di pregiudizi, di speranze o di arroganza, nel modo meno simile a quello di un carro armato, senza cannoni, mitragliatrici e corazze d’acciaio spesse quindici centimetri; offri alla gente il tuo volto più bonario, camminando in punta di piedi invece di sconvolgere il terreno con i cingoli, e l’affronti con larghezza di vedute, da pari a pari, da uomo a uomo, come si diceva una volta, e tuttavia non manchi mai di capirla male. Tanto varrebbe avere il cervello di un carro armato. La capisci male prima di incontrarla, mentre pregusti il momento in cui l’incontrerai; la capisci male mentre sei con lei; e poi vai a casa, parli con qualcun altro dell’incontro, e scopri ancora una volta di aver travisato. Poiché la stessa cosa capita, in genere, anche ai tuoi interlocutori, tutta la faccenda è, veramente, una colossale illusione priva di fondamento, una sbalorditiva commedia degli equivoci. Eppure, come dobbiamo regolarci con questa storia, questa storia così importante, la storia degli altri, che si rivela priva del significato che secondo noi dovrebbe avere e che assume invece un significato grottesco, tanto siamo male attrezzati per discernere l’intimo lavorio e gli scopi invisibili degli altri? Devono, tutti, andarsene e chiudere la porta e vivere isolati come fanno gli scrittori solitari, in una cella insonorizzata, creando i loro personaggi con le parole e poi suggerendo che questi personaggi di parole siano più vicini alla realtà delle persone vere che ogni giorno noi mutiliamo con la nostra ignoranza? Rimane il fatto che, in ogni modo, capire bene la gente non è vivere. Vivere è capirla male, capire male e poi male e, dopo un attento riesame, ancora male. Ecco come sappiamo di essere vivi: sbagliando. Forse la cosa migliore sarebbe dimenticare di avere ragione o torto sulla gente e godersi semplicemente la gita. Ma se ci riuscite…. Beh, siete fortunati.

da Pastorale Americana di Philip Roth (1997)


 

I fiori di Amélie

Bisogna diffidare dei fiori . Soprattutto a Pechino. Ma il comunismo per me era una faccenda di ventilatori, e l’episodio dei Cento Fiori mi era sconosciuto quanto Wittgenstein o Ho Chi Min. In ogni modo, coi fiori gli avvertimenti non servono a niente: si casca sempre nella trappola. Cos’è un fiore ? Un sesso gigante che si è messo in ghingheri. Questa è una verità risaputa; il che non ci impedisce, scemi come siamo, di parlare leziosamente della delicatezza dei fiori. Si arriva al punto di chiamare lo spasimante tonto “fiorellino candido”: una cosa incongrua e inadeguata come definirlo “sesso candido”. A San Li Tun c’erano pochissimi fiori, ed erano brutti. Ma erano fiori comunque. I fiori di serra sono belli come mannequin, ma non hanno odore. I fiori del ghetto sembravano vestiti di stracci: certi erano brutti come contadine che andavano alla capitale, altri ineleganti come cittadine in campagna. Tutti sembravano fuori luogo. Eppure, se si infilava il naso nella loro corolla, se si chiudevano gli occhi e ci si tappavano le orecchie, veniva voglia di piangere- cosa mai può esserci, in fondo ai fiori più comuni, dal profumo banalmente piacevole, cosa mai può esserci di così straziante, perché quella nostalgia di ricordi che non sono i nostri, di giardini mai conosciuti, di bellezze imperiali che non abbiamo mai sentito nominare? In base a quale ragionamento la Rivoluzione culturale non ha proibito ai fiori di profumare di fiore?

da Sabotaggio d'amore di Amélie Nothomb (1993)

 

martedì 28 febbraio 2012

Gli dai un neurone e si prendono tutto il brain


Io ?

Che  gli uomini fossero creature multiformi non era una novità per lo Svedese, anche se era sempre  un po’ uno choc doverlo constatare nuovamente ogni volta che qualcuno ti dava una delusione. Ciò che lui trovava stupefacente era il modo in cui gli uomini sembravano esaurire la propria essenza – esaurire la materia, qualunque fosse, che li rendeva quello che erano – e, svuotati di se stessi, trasformarsi nelle persone di cui un tempo avrebbero avuto pietà. Era come se, mentre la loro vita era ricca e piena, essi fossero, in segreto, stufi di se stessi, e non vedessero l’ora di liberarsi del loro discernimento, della loro salute e di ogni senso delle proporzioni per passare all’altro io, il vero io: che era uno stronzo detestabile e completamente illuso. Era come trovarsi in sintonia con la vita fosse qualcosa di accidentale che poteva capitare, certe volte, ai giovani fortunati; mentre, per il resto, era una cosa con la quale li esseri umani non riuscivano a rapportarsi. Che strano. E che strano  pensare che lui, che era sempre stato felice di far parte della schiera infinita e indifesa dei “normali” , poteva, in realtà, costituire l’anormalità, essere estraneo alla vita reale proprio a  causa delle sue radici, così grosse.

da Pastorale Americana di Philip Roth (1997)



lunedì 27 febbraio 2012

Human People



Il problema degli umani è che non appena occupano uno spazio, sono loro che uno vede e non lo spazio. Vasti paesaggi deserti smettono di essere vasti e deserti se solo contengono una o poche più persone. Sono quelle che determinano dove si poserà lo sguardo. E lo sguardo degli umani è quasi sempre diretto verso altri umani. Così si crea l’illusione che sulla terra l’essere umano sia più importante di tutto ciò che non è umano. E’ una malsana illusione. Può essere che gli alci siano più importanti, in fin dei conti, dico a Bongo. Magari siete quelli che ne sanno più di tutti, solo che avete una pazienza infinita. Naturalmente ne dubito, ma chissà. In ogni caso non sono certo gli umani. Mi rifiuto di crederlo.

* Doppler, vita con l'alce  di Erlend Loe (2007)




Collage


domenica 26 febbraio 2012

1.



Dicono che il nostro primo blog non si scorda mai. Poi ci sono quelli che dicono il contrario. Io non me lo sono dimenticato. Sono trascorsi sei anni. La rete se l'è preso, aprofittando della mia disattenzione. Non so come è andata veramente, ma voglio pensare che quando è successo io stessi dormendo. Anzi, è andata sicuramente così. Inutile tormentarsi. Ripartire dalle ceneri per finire non so come. Per quelli che se lo sono perso, ecco il mio primo post dell'epoca.
 Corso di nuoto

La vita nasce nell’acqua. L’acqua, non c’è che dire, è un liquido ospitale. Gli organismi acquatici hanno forme adatte al galleggiamento e al nuoto. Un delfino non penserebbe mai di iscriversi ad un corso di jogging.  L’uomo , che per natura è incontentabile, non si è limitato a sopravvivere nel suo ambiente terrestre, ma ha voluto escogitare un sistema che, utilizzando l’acqua e coordinando l’uso dei polmoni e della forza muscolare,  gli permettesse di sentirsi a suo agio in piscina.  E dato che non era ancora contento ha pure pensato di inventarsi dei corsi di nuoto. Io mi sono iscritto a uno di quei corsi. E’ la seconda volta che ci casco. La prima volta avevo cinque anni. Avevo paura dell’acqua alta, ma anche l’acqua bassa mi procurava dei problemi. Trascorrevo la maggior parte delle lezioni attaccate al bordo della piscina. I miei genitori erano orgogliosi dei mie progressi. Si erano sbagliati, mi avevano confuso con un altro bambino. Secondo loro i bambini con indosso una cuffia sono tutti uguali. Ho abbandonato il corso. Mi sono rassegnato, non sarei mai diventato un membro dell’ International Swimming All of Fame. Sono passati quasi venticinque anni. Mi sono nuovamente iscritto. Parto dal corso base. I miei genitori non vengono più a vedere le mie lezioni.