sabato 13 ottobre 2012
Una cosa divertente che non farò mai più di David Foster Wallace
C’è qualcosa di inequivocabilmente capronesco in un turista
americano che si muove all’interno di un gruppo. Hanno una certa flemma
avida. Anzi, abbiamo. Nel porto diventiamo automaticamente
Peregrinatores Americani, Die Lumpenamerikaner. Gli Orrendi. Per me, la
caproscopofobia è una ragione persino più forte della semi-agorafobia
per decidere di restare sulla nave quando attracchiamo nel porto. E’ nel
porto che mi sento coinvolto più di ogni altro momento, colpevole di
associazione percepita. Raramente sono uscito dagli Stati Uniti finora, e
mai come membro di un gregge ad alto reddito, e nel porto – persino da
quassù, sul ponte 12, mentre guardo soltanto- ho una nuova e spiacevole
coscienza di essere bianco ogni volta che sono attorniato da molte
persone non bianche. Non riesco a immaginare che idea hanno loro di noi,
gli impassibili messicani e giamaicani *, e soprattutto i chierichetti
non-ariani dell’equipaggio della Nadir. Per tutta la settimana mi sono
ritrovato a fare tutto il possibile per distinguermi, agli occhi
dell’equipaggio della Nadir. Per tutta la settimana mi sono ritrovato a
fare tutto il possibile per distinguermi, agli occhi dell’equipaggio,
dal gregge di caproni di cui faccio parte, per discolparmi in qualche
modo: evito le macchine fotografiche, gli occhiali da sole, i capi
caraibici dai colori pastello; mi do un gran da fare per portare io il
mio vassoio al buffet e sono prodigo di ringraziamenti per ogni mio
servizio. Dal momento che molti dei mie compagni di crociera urlano, io
vado orgoglioso della scelta di rivolgermi a voce bassissima ai membri
dell’equipaggio che hanno una stentata conoscenza dell’inglese.
*E
continuo a chiedermi se i mie connazionali nadriti soffrono dello
stesso esagerato auto disgusto. Dall’alto, guardandoli, di solito
immagino che gli altri passeggeri non sono consapevoli dell’impassibile
sguardo sprezzante dei commercianti locali, del personale di servizio,
dei venditori di foto con lucertoloni, eccetera. Di solito penso che i
turisti miei connazionali sono troppo capronescamente assorbiti da se
stessi persino per accorgersi che qualcun altro ci osserva. Altre volte,
invece, mi sembra di notare che altri americani a bordo provano il mio
stesso vago disagio nell’interpretare il ruolo dell’americano caprone
quando scendono nel porto, ma mi pare che non consentano alla loro
caproscopofobia di decidere per loro: hanno pagato un bel po’ di soldi
per divertirsi ed essere viziati e vivere un’esperienza all’estero, e
quindi col cazzo che permettono a qualche auto indulgente fitta di
proiezioni nevrotiche su come verrà percepita dagli indigeni malnutriti
la loro americanità di togliere checchessia alla loro crociera
extralusso 7NC, per guadagnarsi la quale hanno sudato, risparmiato, e
che hanno deciso di essersi meritati.
Tu, mio ... di Erri De Luca
Sappiamo riconoscere i pesci a mare, le stelle in cielo e dobbiamo ignorare le persone in terra ? da Tu, mio di Erri De Luca (2003).
Rompere il ghiaccio
Iscriviti a:
Post (Atom)