Perché
i disegni preparatori sono spesso più belli del lavoro finale e senza dubbio
molto più interessanti? Perché c’è molta più forza in quei tratti inconclusi,
nei bozzetti, in certe idee sfumate, che nel risultato voluto e, qualche tempo
dopo, ottenuto dal pittore ? Non ci sono dubbi sul fatto che il motivo
d’attrazione nel bozzetto incompleto sia dovuto al suo carattere letterario,
come se il quadro fosse raccontato attraverso aneliti interiori. Perché in quel
momento i disegni sono ancora idee che fluttuano nell’aria prima di aggrapparsi
al salvagente finale. Sicuramente nei bozzetti vi è una narrazione del futuro
dipinto, ma anche un ponte tra il quadro e le idee che lo hanno generato, i
materiali della realtà che si fonderanno in esso. E lì vi sono anche i rapporti
del pittore con la materia. Sono meglio i bozzetti del futuro quadro, perché
mostrano la sperimentazione, illustrano la ricerca, perché vi è in essi
l’intera gamma di alternative e varianti su cui si prevarrà uno, uno solo,
l’unico, risultato finale. Appaiono più interessanti perché, oltre a
prefigurare il risultato finale, vi si trova il senso della ricerca. Tutto
questo, la sensazione che qui sta l’opera finale, e non nel futuro affresco che
non dovrebbe neppure esistere, è ciò che probabilmente acuisce le emozioni e il
discernere del Mago, nativo di Vinci, di fronte alla visione dei bozzetti di
cavalli con cui per lunghi anni costruì la struttura di quell’affresco che
sarebbe stato La battaglia di Anghieri e che oggi, con Leonardo ormai tramutato
in ossa e polvere, si trovano divisi fra Windsor, Gran Bretagna ( catalogati
con i numeri 12326 recto e 12327 recto) e Madrid, Spagna, nella Biblioteca
Nazionale come parte del Codice Madrid II. Non furono certo gli ultimi cavalli
da lui disegnati. Anni addietro, la statua equestre di Francesco Sforza gli
aveva tolto il sonno. Era un progetto di cavallo monumentale in bronzo che non
sarebbe mai giunto alla fusione, perché le centocinquantaseimila libbre
destinate finirono a Ferrara per trasformarsi in cannoni. Questi erano volti di
cavalli in movimento (Hanno un volto i cavalli? Qual è la piuma che guida il
volo degli angeli? In quale senso girano le onde al cadere d’una pietra
nell’acqua cheta?), selvaggi, con espressioni feroci, come se il clima della
battaglia possedesse anche loro e condividessero l’odio dei propri cavalieri.
Cavalli incattiviti e sconvolti dalla furia, al punto che uno di essi finì con
l’assumere, nei tratti a matita, le sembianze di un leone ruggente.
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